nel particolare


Dalla controversia a livello internazionale, ci si sposterà ora ad esaminare come l’utilizzo degli psicofarmaci si verifica in due situazioni particolari, in un caso si parlerà della somministrazione degli psicotropi in età infantile, nell’altro si valuterà il peso degli antidepressivi in una realtà locale quale quella del Trentino. Si vedrà come anche in tali contesti le opinioni degli esperti risultino divergenti.


Impiego di farmaci antidepressivi nei bambini e negli adolescenti
La valutazione dell’uso e la sicurezza dei farmaci: l’impiego di antidepressivi nei bambini e negli adolescenti.
Le evidenze di efficacia e sicurezza  del trattamento della depressione nei bambini e adolescenti  sono molto limitate, infatti a questi pazienti possono essere somministrati farmaci senza un adeguata conoscenza dei benefici o dei rischi che questi possono comportare. Obbiettivo di questo articolo è analizzare le prescrizioni di antidepressivi in pazienti di età inferiore ai 18 anni e vedere in quanti casi la loro somministrazione “ecceda” dai limiti imposti dalla scheda tecnica.
Un Caso: consideriamo ora le prescrizioni a carico del SSN di farmaci comprendenti nel gruppo degli antidepressivi, nel periodo che va dal 01.01.1998 al 31.05.2003 a pazienti di età inferiore ai 18 anni residenti nella ULSS  15. Dai risultati emerge che: da gennaio 1998 a maggio 2003 sono stati trattati con farmaci antidepressivi 227 soggetti tra bambini e adolescenti, corrispondente ad un tasso medio di 1,9 trattati all’anno ogni 1000 residenti con età inferiore a 18. Il 71% dei casi ricopre una fasci d’età che va dai 14 ai 18 anni, il 15% riguarda la fascia che va dai 10 ai 13 anni e il restante 14% comprende bambini tra i 3 e i 9 anni. Al 6% sono state prescritte tra le 22 e le 145 confezioni in un arco temporale che varia dai 2 ai 4 anni.
I principi attivi più utilizzati sono stati: paroxetina e amitriptilina, mentre nella fascia d’età 6-10 anni il farmaco più utilizzato è stato imipramina.
Per i bambini al di sotto dei 6 anni invece sono stati utilizzati solamente due principi attivi, ovvero, la sertralina per i disturbi ossessivo/compulsivo e l’imipramina per l’enuresi notturna.  Nei rimanenti casi i farmaci sono sconsigliati o espressamente controindicati, controindicazioni che a seconda del principio attivo del farmaco variano a seconda dell’età del paziente stesso.
Nel periodo sopra indicato il 40% dei casi ha fatto uso di antidepressivi seppur non aveva l’autorizzazione oppure gli era stato sconsigliato o proprio controindicato.
Per concludere possiamo dire che: la paroxetina, in un’analisi combinata di tre studi, è risultata essere priva di attività terapeutica nel trattamento della depressione in bambini e adolescenti e correlata ad una maggiore incidenza di effetti avversi. I dati raccolti nel lavoro incitano ad approfondire quali siano le modalità di impiego degli antidepressivi nei bambini e negli adolescenti per chiarire gli effettivi bisogni terapeutici e ridurre il rischio di esposizione a trattamenti inutili o potenzialmente dannosi.
 Fonte : XII Seminario nazionale,

Istituto Superiore di Sanità


Droga di stato a scuola
È stato fatto un questionario nelle scuole di sei città Italiane e questo spiana la strada all’uso di Prozac e Ritalin.  Questo si ispira al il Modello Usa ovvero il test dell’istituto superiore di sanità distribuito a insegnanti e genitori negli Usa. Da qui i bambini “disobbedienti” diventano malati.
In Italia questo test è nato dalla collaborazione tra L’Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico “Eugenio Medea” di Lecco e L’istituto Superiore di Sanità il quale ha promosso un’indagine epidemiologica chiamata “Progetto Prisma”  con conseguente diffusione di un test nelle scuole medie inferiori di Milano, Lecco, Rimini, Pisa, Roma e Cagliari. Il suo obbiettivo è quello di individuare le tipologie di eventuali disturbi psicologici e mentali e come questi influenzino il comportamento sociale e scolastico del soggetto. Considerando in modo più specifico il contenuto delle domande del test, non appare una ricerca innocua e priva di significato, anzi, sembra proprio voglia ricalcare lo studio condotto negli ultimi anni negli Usa con il fine di accertare l’Adhd, noto da noi come, “Deficit di attenzione e di iperattività”.
Il questionario è stato inviato ai genitori di circa cinquemila ragazzi compresi tra i 10 e i 14 anni. Sei risposte affermative su nove sono sufficienti per stabilire se un bambino particolarmente vivace è colpito da questo disturbo e quindi ha bisogno della somministrazione di psicofarmaci.
Come risposta a questo le case farmaceutiche hanno già prodotto la risposta: si chiama Prozac e Ritalin.
Esempi di domande somministrate nelle scuole Americane riguardano avvenimenti o meno di errori di negligenza compiuti dal bambino, se si dimena con mani o piedi sulla sedia, se risponde alle domande in maniera frettolosa ancora prima che il quesito sia portato a termine, se viene distratto facilmente da stimoli esterni ed infine se il bambino ritiene di avere buone capacità, nel senso se si riconosce delle abilità particolari  e si ritiene capace di far tutto o niente.
Più risposte affermative alle domande elencate sopra possono diagnosticare un disturbo dell’attenzione o dell’iperattività.
Così coloro che prima venivano considerati solo “vivaci” o “disobbedienti”  ora vengono considerati malti da pediatri e psichiatri organicisti facendo risalire il problema ad una
disfunzione dei neurotrasmettitori.
C’è però da dire non esiste alcun test idoneo che individui queste patologie, l’ American psychological  association a riguardo dichiara che “non vi sono test di laboratorio confermati come diagnostici” per il disturbo in questione.  Una soluzione ritenuta valida dai luminari della medicina si chiama Ritalin, che viene venduta come una droga cosiddetta “intelligente” o “frizzante” raccomandata nei periodi di stress da lavoro e studio e venduta  in farmacia anche  senza prescrizione medica. C’è però da sottolineare che il Ritalin e psicofarmaci simili, hanno come principio principale il metilfenidato ovvero una sostanza simile alle anfetamine che stimola il sistema nervoso centrale. Conseguenza negativa di questo principio e che le case farmaceutiche che lo sponsorizzano non hanno ancora capito come sia possibile che uno stimolante abbia l’effetto contrario, ovvero calma i soggetti che ne fanno uso. L’aspetto più “inquietante” è che le cause della sindrome di “deficit dell’attenzione e di iperattività” sono ancora sconosciute e non esiste nemmeno un’analisi clinica in grado di diagnosticarla e per questo non si sa se l’insieme di questi sintomi possa essere considerato una malattia o meno.
Nel 1998 una commissione di esperti aveva ritenuto questo metodo di  rilevazione del disturbo non conclusivo.
A dispetto di ciò,il ministero della Salute Italiana nell’ottobre del 2000 ha approvato la commercializzazione del farmaco rendendolo anche rimborsabile.
 Il Ritalin è una droga classificata assieme a stupefacenti con anfetamine, oppiacei, barbiturici e cocaina gli effetti causati sono: assuefazione, dipendenza e con un abuso può causare anche danni fisici (nei bambini può rallentare la crescita influendo negativamente sull’ormone della crescita).
Secondo l’Osservatorio Italiano di Salute Mentale tutto questo risulta scorretto e per questo invita tutti a non considerare la carenza di attenzione e iperattività una malattia mentale opponendosi alla somministrazione degli psicofarmaci ai bambini e cercando di individuare la cause del disagio nella vita familiare, scolastica e nei contesti sociali.
Si nota come il dibattito sulla somministrazione prima dei questionari, poi degli psicofarmaci, sia una questione ancora irrisolta e fonte di forti contrasti tra gli esperti. Da una parte infatti l’istituto superiore di sanità, le ASL e il ministero della salute approvano queste iniziative e favoriscono il riconoscimento dell’ADHD come malattia da curare con psicotropi, dall’altro lato si pongono gli psichiatri americani dell’APA e l’Oism sostenendo come sia avventato diagnosticare e prescrivere tali medicinali ai pre-adolescenti, soprattutto a causa dell’incertezza sia sul metodo utilizzato per diagnosticare il problema, sia sull’efficacia degli psicofarmaci in questione.
Fonte: Tommaso Tintori, il Manifesto


La situazione in Trentino.
Il boom di vendita degli psicofarmaci fotografa uno scenario preoccupante, in un’isola felice qual è il Trentino. Lo dice un rapporto appena  pubblicato, curato dall’Azienda Provinciale Sanitaria. Se si confrantano le cifre con la media nazionale, scopriamo qualche dato curioso. Ad esempio: i trentini ricorrono ai “medicamenti per l’anima”, quali ansiolitici, ipnotici (sonniferi) e sedativi, in misura nettamente superiore rispetto ai connazionali, sebbene il trend dal 1997 al 2003 sia in lento calo (vedi grafico). <!--[if !vml]--><!--[endif]-->





Andamento dei consumi (privati) di ansiolitici, ipnotici e sedativi: confronto fra Trentino ed Italia (1997-2003)


Ma va alla grande anche il mercato degli antidepressivi, che registra una notevole impennata, in linea peraltro con il dato nazionale (vedi grafico sottostante). E se il consumo delle pillole anti-tristezza lievita con l’avanzare dell’età, sono le donne  ad utilizzarle in misura doppia rispetto agli uomini, specie nella fascia fra i 55 e i 64 anni. Il primato spetta però agli anziani residenti nelle residenze sanitarie assistenziali. A fronte di ciò va sottolineato, come rileva il sondaggio, che le case di riposo accolgono una popolazione in condizioni critiche e spesso non autosufficienti.



Andamento dei consumi (SSN e privati) di antidepressivi: confronto fra Trentino ed Italia (1997-2003)

Detto questo, non è facile vedere chiaro sulle cause del boom di certi psicofarmaci in Trentino, poiché le ricerche in materia latitano. Il perché, per ora, si può solo ipotizzare. Ad esempio - commenta il prof. Pinkus, noto psicoterapeuta - "sarebbe importante verificare se il loro uso sia l’espressione adulta di ciò che per gli adolescenti rappresenta l’alcol. Io ho l’impressione, in ogni modo, che il fenomeno sia da collegare alla competitività di vita che le trasformazioni sociali hanno imposto e che sentiamo molto anche in Trentino".
Tirando le somme, va però aggiunto che anche da noi , molti degli psicofarmaci acquistati non vengono poi effettivamente ingeriti.
Il problema, ci dice il dott. Reitano, che opera nella seconda Unità operativa di psicologia, "è che qui in Trentino c’è una gestione molto mutualistica e familiare del medico condotto: tu chiedi e io ti do. E’ chiaro, ad esempio, che quando c’è una crisi d’ansia il medico di base può intervenire consigliando un ansiolitico. Però non dice al paziente la seconda parte, ossia: vai al servizio di psicologia. Così il farmaco è preso a proprio piacere, con dosaggi del tutto personali ed inefficaci; oppure rimane nelle borsette e non si utilizza".
Anche nella piccola realtà del Trentino si coglie immediatamente come il dibattito di opinioni sull’utilizzo degli psicotropi prosegua in direzioni opposte e di come il parere degli esperti venga riportato anche in riviste e quotidiani locali non specializzati.
Fonte: Questotrentino, mensile di informazione e approfondimento

Nessun commento:

Posta un commento